
Desio - Sofia Raffaeli, Tu si ’na cosa grande!
Il carattere di Sofia Raffaeli ha molte sfaccettature e dietro alla sua immagine grintosa da perfezionista e grande lavoratrice, c’è una sensibilità spiccata e un lato romantico antico che le faceva preferire le canzoni di Celentano e Rino Gaetano ai brani moderni, i libri, quelli di carta, ai Social, la psicologia alle facoltà più indirizzate al progresso e ai nuovi media. Così, dalla chiacchierata veloce che abbiamo fatto con lei all’Accademia di Desio, di ritorno da Baku, è emerso il suo animo nostalgico, inteso come spirito di gratitudine verso momenti significativi del suo recente passato e nei confronti di ciò che l’ha resa quello che è. Attenzione, nostalgia non significa malinconia, quando, come in questo caso, è vissuta in senso positivo, consolidando i legami con le proprie origini personali e sportive. La nostalgia nei grandi campioni, di solito, è alla base della propria consapevolezza, che a sua volta è il segreto del successo, in tutti i campi.
“È stato bello ritrovare in nazionale tante ragazze che erano passate da Fabriano con la squadretta junior: Alexandra Naclerio, Serena Ottaviani, Giulia Segatori, Lorjen D’Ambrogio, Chiara Badii. Quasi tutte in realtà. Era un po’ come tornare ai vecchi tempi, ai Mondiali juniores di Mosca, nel 2019, ad esempio”. Per la cronaca, Raffaeli è un 2004 e il 19 gennaio scorso ha compiuto ventun anni, quindi quando usa l’espressione “vecchi tempi”, gioco forza, per l’anagrafica secolare, non può che riferirsi a tempi recenti. “Sono contenta che siano entrate in squadra, le ho viste molto centrate e all’European Cup hanno fatto molto bene, noi individualiste eravamo li a fare il tifo per loro e abbiamo gioito quando sono salite sul podio”. Cosa che, per inciso, ha fatto pure lei, il vulcanico poliziotto marchigiano, salutando dal gradino più alto, per ben due volte, alla palla e nel Cross Battle.
Ma, la conosciamo, l’olimpionica azzurra, la prima italiana a vincere una medaglia da sola nella ritmica ai Giochi, è nata formica, non cicala atomica e non le è mai piaciuto pavoneggiarsi cullando se stessa sugli allori. Ma due parole sulla formula tennistica di questa manifestazione europea ce le regala: “La trovo interessante, anche se noi italiane siamo abituate: la Final Six è così da anni. In campo internazionale, invece, è sicuramente una gara a parte, che richiede un approccio differente: devi fare il tuo esercizio, lo devi fare al massimo poi chi vince vince. Non c’è la somma dei punteggi come nell’All around, non serve rimanere concentrati in caso di errore, non esistono strategie. Qui sai che se sbagli sei fuori e quindi ti giochi sempre il tutto per tutto. Lo scontro con la Onofriichuk, ovviamente, era il più difficile, ci siamo spaventate a vicenda e alla fine abbiamo sbagliato entrambe. Io un po’ di meno, e sono passata”. Nella finalissima Sofia avrà la meglio dell’uzbeka Lola Djuraeva, aggiudicandosi il torneo, giunto alla sua seconda edizione.
“Abbiamo ottenuto dei buoni risultati ma c’è ancora tanto da lavorare sugli esercizi – precisa subito la formica laboriosa della favola di Esopo - ci sono ancora tanti margini di miglioramento. Le avversarie sono competitive, soprattutto le piccoline, sono forti. L’ucraina è solo al secondo anno senior, è molto giovane e sta crescendo di gara in gara. Anche le due israeliane che nel 2024 facevano ancora l’Europeo juniores, si vede che stanno venendo su bene. Lola è un 2009 e non l’avevo mai vista prima, mentre l’altra uzbeka, Anastasiya Sarantseva, che è un 2008, la conoscevo dalla tv ed è un talento”. E qui ritorna quel pizzico di nostalgia, quando la Raffaeli sedicenne si affacciava sul proscenio dei piccoli attrezzi, “Stupor Mundi” della Generazione Banzai di Tokyo 2021. “Oggi io sono cosciente delle mie responsabilità, di avere un nome da difendere e tutti gli occhi addosso, quindi per me non c’è più solo il piacere di far bene, ma anche il dovere, per non deludere chi mi segue, per onorare il Paese che rappresento. Però provo molta nostalgia nel vedere queste bimbe in pedana, così cariche di entusiasmo, ‘incoscienti giovani’ come ero io quando ho vinto la prima medaglia ai mondiali. È così bello vederle, mi fa piacere, non provo alcuna invidia, lo giuro, al contrario, mi caricano e quando sono in pedana faccio il tifo per loro. Certo, all’esplosività che hai da piccola non corrisponde quasi mai l’espressività che acquisisci da grande. Ormai io mi adatto molto a tutte le musiche, cerco di non essere scontata. Quest’anno non abbiamo sperimentato stili nuovi, forse sarebbe il caso di provare ad uscire dalla mia confort zone. Ciò che so fare lo hanno visto tutti, mi piacerebbe sperimentare, trovare forme originali d’espressione, interpretazioni diverse”.
In effetti, l’artisticità di Sofia Raffaeli ha raggiunto livelli ineguagliati. Quando entra in scena lei sembra di vedere un film e un’interpretazione da premio Oscar. Chissà, magari, a Los Angeles, dove di cinema se ne intendono, potrebbe essere un valore aggiunto e una volta appeso il body al chiodo la nostra chiaravallese potrebbe intraprendere una carriera da attrice. “Non scherziamo, forse volevi dire da allenatrice – ci corregge subito, schernendosi dietro quel sorriso che scioglie - L’esercizio dove mi sento più a mio agio al momento è quello al cerchio perché mi piace da morire la musica che ho scelto. ‘Tu si na cosa grande’ è partita per caso, mentre cercavamo un brano italiano su YouTube, ed appena l’ho sentita ho detto: perché no? A me questa canzone di Modugno è sempre piaciuta e nemmeno con Julie (la sua ex allenatrice, Julietta Cantaluppi, ora impegnata con la Nazionale israeliana) l’avevamo mai presa in considerazione. La canzone è dedicata alla ginnastica ritmica, che per me è la cosa più grande”.
Adesso però nel suo cuore è sbocciato un nuovo amore. Per la macchina! Presa la patente, già da un po’, Sofia sta scoprendo il piacere di spostarsi liberamente, di muoversi dove vuole. “Tengo più alla mia Cinquecento Rossa che ad un appartamento. Io ho sempre viaggiato tanto, ho girato grazie alla ritmica, però sempre trasportata. Adesso, invece, so di poter andare dove mi pare”. Rio de Janeiro è impossibile da raggiungere in auto e Tallinn è lontana, però lì, la Raffaeli, sarebbe contenta di andarci anche a piedi. “Non ci sono mai stata, in nessuno dei due, e mi farebbe piacere conoscere posti nuovi. La stagione è cominciata in Bulgaria ed è proseguita per due volte in Azerbaijan, gareggiare sempre negli stessi posti diventa una routine, non c’è manco la curiosità di farsi un giro fuori dal palazzetto”. Qui non emerge nemmeno un briciolo di nostalgia per i luoghi che l’hanno resa grande, come tutte le ragazze della sua età è nata cittadina del Mondo e la curiosità di girare sulle punte di meridiani e paralleli supera l’attaccamento alle origini, nello spazio e nel tempo.
A proposito di quest’ultimo, ce n’è ancora tanto a detta della poliziotta che non lo può arrestare, ma vuole sfruttarne ogni singolo scatto di lancetta. “Adesso c’è la Final Six dove potrò riprovare tutti e quattro gli esercizi - il cerchio con Modugno che le piace tanto, la palla su “Making Christmas” di Danny Elfman e Pentatonix, le clavette di “Cu ti lu dissi”, altro canto popolare siciliano interpretato da Redi Hasa e Maria Mazzotta, e il nastro sulle note de “El Tango de Roxane” dei Police - Il sorteggio con l’ASU? Tara se lo sentiva, io le dicevo speriamo di no e invece… taaac, ce la siamo tirata. Che spettacolo però per la gente. Sarà una semifinale apertissima. Per ora, io e Dragas, siamo le due individualiste che hanno fatto meglio all’estero, almeno fino a questo momento. I rispettivi tifosi e anche quelli neutrali avranno la curiosità di vedere chi vince questa sfida personale, al di là delle società. L’ASU secondo me, per quanto ha fatto vedere in regular season, parte favorita per lo scudetto che però noi abbiamo vinto fino all’anno scorso e non abbiamo intenzione di cederlo tanto facilmente”. L’Udinese è avvertita, Raffaeli e compagne non sono nostalgiche degli otto titoli alle spalle più di quanto non siano protese verso quelli a venire. E non sappiamo se Sofia raggiungerà il Pala Gianni Asti con mezzi propri, oppure si lascerà trasportare sull’onda dei suoi entusiasmi di una volta, come le dive di quelle pellicole in bianco e nero che ti facevano piangere per l’emozione.