“VIRTÙ SOPRA OGNI VIRTÙ È DISSIMULARE LA VIRTÙ”, scriveva Umberto Eco nell’«Isola del giorno prima», la terza fatica del romanziere di Alessandria. A pochi chilometri dal luogo natale del saggista piemontese, e per la precisione a Casalbeltrame, un’altra Virtù, quella di Gallarate, non potrà fare a meno, sabato sera, di mostrare, in pedana, le proprie qualità ginnastiche. In verità poco avrebbero da spartire le eleganti evoluzioni delle atlete lombarde con “il susseguir dei balzi” dell’anfibio anuro, simbolo culturale della cittadina del novarese, senza il bacio di un principe azzurro. Infatti, con lo scudetto oramai nello scrigno della Verotta, l’interesse si sposta sui prossimi appuntamenti internazionali e l’ultima giornata della nostra Serie A, così ricca di stelle straniere, rappresenta un’ottima vetrina per mostrare i virtuosismi italici, nella speranza che la ranocchia di Casalbeltrame si muti in una splendida regina tricolore. Intanto echeggiano ancora, da Desio, brusii e commenti sulla terza prova, che passerà alla storia, più d’ogni altra cosa, per l’assenza improvvisa di madam Zhukova, colpita da un fortissimo stato influenzale. “Inna è finita addirittura in ospedale – racconta Germana Germani – e noi l’abbiamo saputo pochi giorni prima della gara. La Febo e la Del Grosso hanno montato gli esercizi (rispettivamente, alle clavette e alla fune – ndr.), in fretta e furia”. Malgrado l’ultimo posto dell’Armonia d’Abruzzo, che, di fatto, ha consegnato il titolo alla Bessonova e compagne, ha impressionato la tranquillità con cui Federica Febo è riuscita ad interpretare il gravoso compito di vice Zhukova. “Sorridente, espressiva, Fede è un’artista in tutti i sensi, anche nell’incoscienza – continua l’allenatrice di Chieti – Ha iniziato ad 8 anni, ottenendo quasi subito un 4° posto ai Campionati di Categoria, tra le allieve di 1ª fascia. Lo scorso anno, invece, si è piazzata seconda tra le junior”. E’ una fortuna che le abruzzesi possano contare su un vivaio fertile e qualificato, anche perché nella quarta gara la campionessa bielorussa non ci sarà e le sue colleghe si troveranno a difendere, da sole, un secondo posto in classifica generale, insidiato, al momento, soprattutto da Fabriano. La compagine marchigiana poggia le sue speranze di sorpasso sull’ottima vena di una ritrovata Cantaluppi, decisamente la migliore nelle ultime clavette. “E pensare che io non mi piaccio quando mi riguardo – ci svela Julieta – Una come me nelle scuole dell’Est non andava lontano. Mi avrebbero scartato a causa delle mie limitate doti articolari. Anche qui, fino all’età di quattro anni mi dicevano che ero troppo dura per la ritmica. Ma in Italia non è come in Bulgaria dove se a 15 anni non ti sei ancora sciolta ti mandano a casa. Credo di aver dimostrato il contrario, che si può sempre migliorare. Avere talento significa essere intelligenti e capaci di apprendere. Io so che non posso contare sulla lunghezza della gamba o su altre qualità naturali, così mi impegno al massimo per affinare la mia tecnica e presentare programmi di altissima difficoltà”. La Campionessa Assoluta 2005 è la dimostrazione vivente che la Ginnastica ad alti livelli non è un’esclusiva di razza e che non esistono, nello sport, limiti per chi vuole davvero arrivare in alto. Certo, è necessaria una straordinaria determinazione, condita di privazioni e sacrifici, che diventa in questa disciplina, la principale prerogativa della ginnasta di classe. Perciò la Cantaluppi è un manifesto, da portare come esempio alle più piccole che si vogliono avvicinare alla ritmica. “E non sono molte, purtroppo – aggiunge l’atleta di Como – Questa è la più grande differenza tra noi e i Paesi dell’Est europeo. Il livello medio italiano è superiore, per esempio, a quello del Kazakistan, dove però hanno un milione di bambine in pedana. Da ciò nasce un modo differente d’interpretare la ginnastica”. A dimostrazione della supremazia della testa sul corpo ci soccorrono gli errori clamorosi della Laurito al cerchio. A Romina non mancano certo le doti fisiche eppure a Desio ha combinato un piccolo disastro, perdendo tre volte l’attrezzo e rischiando, con un inatteso 12.900, di trascinare la sua squadra, per la prima volta, giù dal podio. “Non c’era con la testa – ci spiega l’allenatrice – la settimana scorsa aveva avuto un po’ di influenza ma una campionessa come lei non può permettersi certi cali di tensione. Eravamo tanto preoccupate per le prove della Prece e della Traini e invece è arrivato il black out della Laurito, che ci ha tolto almeno tre punti”. Con il 16.750 al cerchio di Fabriano la Virtus avrebbe chiuso sopra quota 80, vincendo ancora, eppure gli sbagli fanno parte del gioco, e come diceva Benedetto Croce «con i se e con i ma non si fa la storia». Ma la campionessa italiana in carica, che ha qualità tali da spazzare via in un battibaleno la figuraccia di Desio, non è stata l’unica a perdere l’attrezzo. Quel 24 febbraio verrà ricordato, probabilmente, come il giorno della quadratura del cerchio, visto che hanno fatto incetta di penalità anche la Risenzon, e la Yussupova. Non ha fallito, invece, la Charkashyna che con un 16.025 ha trascinato Biella sulla piazza d’onore. “Sta trovando la forma migliore – conferma la Shpilevaya – ma sono state brave anche le altre. La Bricarello ha fatto una fune splendida, la Sarritzu ha dimostrato una grande maturità e Marta Levis ha superato il trauma della seconda gara, dove non fece bene alle clavette”. Insomma, Desio è certamente famosa per essere la sede del Centro Tecnico Federale, dove nascono le magie della squadra azzurra, ma per una volta la società di casa, la San Giorgio ’79, ha rubato la scena alle ragazze della Nazionale – tra l’altro brave e divertenti in tutù rosa nell’esibizione del gala conclusivo. “E’ strano vedere il palazzetto così pieno – confessa Marinella Falca – Qui di solito al massimo siamo in dieci e gli spalti sono vuoti. I nuovi esercizi? Sono montati, ora stiamo iniziando a tirare e lavoriamo principalmente sulle esecuzioni e gli automatismi. Molte di noi, però, dopo l’abituale training con la squadra deve pensare anche alle routine individuali per il club di appartenenza. Mi è piaciuta Angelica, a parte un piccolo errore al nastro. Anche la Santoni è stata bravissima, nonostante la stanchezza. Gareggiare in due specialità non è uno scherzo. Significa fermarsi dopo un allenamento di otto ore e provare da sole i programmi societari. Elisa ci mette sempre tutta la sua grinta e la sua professionalità. Io gareggio con la Flaminio, in Serie B, come la Juventus, la mia squadra del cuore. Da spettatrice della A dico che non mi piaciuta questa invasione straniera. Sono brave e belle, per carità, ma il campionato è italiano, o no?”. D’accordo, però il 16.850 della Garaeva alla fune ha fatto molto comodo ad Elena Aliprandi, particolarmente felice del successo casalingo: “Noi c’abbiamo sempre creduto, non abbiamo mai mollato, anche dopo i due settimi posti abbiamo continuato a lavorare, intensificando il nostro impegno – conferma l’allenatrice. Ho sempre cercato di trasmettere alle ragazze che la ginnastica si fa con la testa, con il corpo e con il cuore. Esattamente quello che abbiamo fatto oggi. Malgrado fossimo penultime non ci siamo mai sentite inferiori alle altre. Poi, per carità, le nostre avversarie hanno commesso molti errori, ma questo, paradossalmente, aumentava la nostra tensione. Sentivamo la responsabilità di dover tenere gli attrezzi in mano, per forza e, alla fine, la squadra ha retto bene. Sono contenta, se lo meritano. Per regola, io alleno solo ginnaste che mi piacciono, e queste sono tutte atlete di grande levatura. Nonostante ciò non mi sarei mai sognata di vincere davanti al nostro pubblico. Dall’inizio della mia carriera in casa abbiamo sempre raccolto poco, un po’ per la pressione psicologica , un po’ per il timore di dover far bene a tutti i costi. Significa che siamo maturate”. Non solo ma San Giorgio è riuscita in un impresa memorabile, pur dovendo rinunciare alla Pasinetti. “Purtroppo Francesca aveva ancora male ad un piede – ci ha spiegato l’allenatrice – ma a Casalbeltrame dovrebbe rientrare. Abbiamo tentato fino all’ultimo di recuperarla. E’ una ginnasta che ha un’esperienza incredibile, quindi, senza nulla togliere alle altre, il suo apporto è sempre prezioso. Una dedica? Naturalmente a tutte le nostre ragazze. Con loro ci vivo, condividendo piaceri o sconfitte. E’ facile salire sul carro dei vincitori ora. L’obiettivo, infatti, resta sempre lo stesso. Non mi interessa se arriviamo ottave, però dobbiamo uscire dalla pedana e lasciare qualcosa alla gente che ci guarda e alla giuria. Alla fine i punteggi valgono relativamente, quello che conta è l’impressione data. Il livello, d’altra parte, è talmente alto che basta un decimo (e con questo Codice lo lasci sul campo per una perdita d’attrezzo) per finire dalle stelle alle stalle. Però, che bello! Non ho mai visto un campionato così. Nel 2001 abbiamo ottenuto un secondo posto in A1 ma il livello non era alto come adesso. Vuol dire che la mentalità in Italia sta crescendo, in modo esponenziale rispetto al valore delle ginnaste”.

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