La maledizione dei Faraoni, che ogni tanto salta fuori in qualche colossal hollywoodiano, questa volta ha funzionato alla rovescia. Ossia, dal deserto di prestazioni aride dei fasti pre-pandemici, è tornata l’oasi azzurra, quella che nel 2018, nel primo anno della Direzione Tecnica Nazionale della Maccarani, dissetò il settore delle individualiste da un’arsura di medaglie iridate che perdurava dal 1991 (con Samantha Ferrari bronzo alle clavette ai mondiali di Atene), centrando la doppia qualificazione olimpica, l’anno successivo, come non accadeva dall’edizione dei Giochi di Atlanta 1996, con Irene Germini e Katia Pietrosanti. La maledizione che sembrava aver colpito Milena Baldassarri e Alexandra Agiurgiuculese, sulle quali la FGI e l’Aeronautica Militare avevano creduto e investito per un intero quadriennio, pare essersi rotta, d’incanto, sulle pedane egizie, restituendoci la benedizione delle nostre etoile, che il mondo della ritmica ci invidiava fin dagli Europei juniores di Holon 2016, oltre il Mar Rosso. “Ho visto finalmente un’attivazione mentale di entrambe le ginnaste – ha commentato la Maccarani – E’ stato positivo mandare in Egitto, innanzitutto, Alexandra, perché le serviva resettare subito la prova degli Europei, non certo alla sua altezza. La ragazza aveva bisogno di ritrovarsi ed io mi aspettavo una reazione, che, dopo un cerchio così così, è arrivata come speravo. Il clic è scattato, da domenica scorsa si è allenata con intensità e i risultati si sono visti in pedana. La trasferta in Egitto le è stata davvero utile. Milena ha ritoccato qualcosa negli esercizi e nel programma, l’ho trovata migliorata, dinamica, veloce, con difficoltà curate ed eseguite come si deve. Insomma mi sono piaciute, sia l’una che l’altra, hanno gareggiato con quella determinazione necessaria in competizioni di livello, al di là della posta in gioco. Supportate da Elena Aliprandi, la responsabile nazionale delle individualiste, e da Julieta Cantaluppi, hanno fatto squadra come in un vero team. Avevo chiesto loro di esprimere il potenziale maggiore, ultimamente sottotono, ed ho ricevuto le risposte giuste, in pedana, non a chiacchiere. Anche la carica del pubblico può aver influito, ci manca molto la spinta dei tifosi sugli spalti. Per le ginnaste sentire l’applauso o l’incitamento dopo un rischio è una conferma importante nel prosieguo della routine. Ho visto due regine a Il Cairo, e ad incoronarle tali è stata la gara, la cornice sugli spalti e la giuria che ha espresso pareri positivi. La preparazione dei mesi scorsi è servita ad arrivare a questa performance. Adesso guardiamo agli Assoluti, dove vorrei arrivassero al top”. Dalle Piramidi all’Alpe Cimbra di Folgaria, dunque, sempre “in direzione ostinata e contraria”, che sia della letteratura - il cinque maggio di Manzoni – o di un film americano sulle mummie vendicative, il cammino dei piccoli attrezzi italiani procede contromano in una stagione fantasma, afflitta dalla piaga del Covid, con le borracce piene dell’esperienza di un gruppo di ricercatrici e tecniche vincenti che in poche stagioni ha saputo cambiare gli obiettivi, non accontentandosi più di partecipare, come il barone di Coubertin insegnava nell’ottocento, bensì puntando anche al podio delle individualiste e al trono delle zarine russe. Con una rosa più ampia che mai, una rosa che vanta già i boccioli della Raffaeli, della Tagliabue e della Maffeis. Una rosa capace di fiorire anche nel deserto e di riaccendere l’interesse dei grandi network televisivi che si abbeverano soltanto alla fonte dei miti e delle leggende.