Si sa che in geometria una retta è un insieme infinito di punti. Allo stesso modo, potremmo dire, che la lunga storia della Federazione Ginnastica d’Italia - spalmata com’è su tre secoli - sia composta da un insieme infinito di realtà e di racconti, piccoli o grandi che siano, tutti ugualmente unici. Tra queste realtà ce n’è una che ieri ha festeggiato il suo sessantesimo di fondazione, la Ginnastica Romana, nata appunto il 27 ottobre 1952. “Da un gruppo di rompiscatole – ha raccontato Angelo Manoni, uno dei grandi presidenti, il primo a studiare e sperimentare i tappeti paracadute in gomma piuma – Tutti transfughi delle società capitoline egemoni del dopoguerra, la Roma e la Borgo Prati. Delle cui dirigenze, noi giovani di allora, non condividevamo più le vedute”. La Ginnastica stava cambiando, si andava modernizzando. E uno scavezzacollo “che nei cortili stava sempre con la testa all’ingiù” – come ricorda il fondatore Lamberto Picca, un gentiluomo d’altri tempi, 89enne lucido e commosso con lo sguardo profondo di chi ne ha viste tante – dimostrò ai Giochi Olimpici di Roma ‘60 e poi a Tokyo nel 1964 che avevano ragione loro”. Quel ragazzo si chiama Franco Menichelli, assente per motivi personali, ma presente nei ricordi di ciascuno dei relatori. “Il grande Gianluigi Ulisse – ci racconta ancora Picca, memoria vivente oltreché colonna della Romana - fu il primo tecnico al mondo a presentare un ginnasta (Menichelli appunto), sulla pedana del corpo libero con i pantaloncini corti. Era un rivoluzionario, avanti anni luce rispetto ai suoi contemporanei, un precursore della ginnastica acrobatica dei nostri giorni”. Merito suo e della Romana se quello scavezzacollo è diventato uno dei più grandi ginnasti di tutti i tempi, un olimpionico. Eppure questa società, possiamo dire un punto esclamativo della retta ginnica azzurra, ha sempre avuto grande difficoltà a trovare una casa. “Siamo stati dei transfughi – aggiunge Franco Pistecchia, direttore tecnico della maschile ed altra colonna societaria – pronti ad adattarci, a raccogliere l’acqua che cadeva dai soffitti fatiscenti e a caricare gli attrezzi su grandi pulmini per fare i collegiali estivi a Tolfa”. La forza di questa società, infatti, è sempre stato il volontariato, la passione enorme per una disciplina difficile ma, al tempo stesso, straordinaria, e la ferma volontà di adempiere alla missione educativa presente nei principi fondanti dell’Olimpismo decoubertiano. Adesso la Romana vive e prolifica nella grande pancia dello Stadio Olimpico, la struttura che celebrò i successi di Livio Berruti, mentre Menichelli e compagni vincevano il bronzo a Caracalla. Sotto la curva Sud l’attuale presidente Paolo Orlando, il suo Vice Flaminia Pagani e i direttori tecnici Valeria Beltrame (GAF) e Luigi Rocchini (GAM), portano avanti con coraggio il difficile compito di perpetuare il sogno dei loro predecessori. “Ho sposato la Romana – dice con voce rotta dall’emozione Orlando, marito della Beltrame – in tutti i sensi. Ho sposato una filosofia di vita che vorremo insegnare e tramandare alle nuove generazioni”. Ad ascoltare le sue parole, in una platea ricca e affascinata, c’erano Luigi Cimnaghi, ex Segretario generale FGI, Roberto Pentrella, che riveste ora lo stesso incarico in Federazione, il Presidente della Federciclismo Renato Di Rocco, il Direttore degli impianti sportivi della Coni Servizi Diego Nepi Molineris, e tanti ex ginnasti bianco rossi, tra cui Mario Tomassi, che ne portò alto il nome insieme a Roberto Pallotti - trasferitosi nel nord Italia - e Enrico Carvelli, classe 1947, un altro protagonista di questo meraviglioso racconto. Un racconto riassunto nel filmato stile “Sfide”, proiettato all’inizio della conferenza, tra immagini in bianco e nero di un Menichelli accolto all’aeroporto con la medaglia d’oro nipponica al collo e le imprese più recenti di Lorena Coza, Eleonora Rando, Valerio Andi e Simone Piave, azzurri che, in un modo o nell’altro, hanno vestito ed onorato la maglia azzurra. “Da quando mi hanno diagnosticato un brutto male – ha aggiunto, con al fianco il fratello Paolo, Franco Pistecchia, il primo a proporre alla FGI la scuola di ginnastica per giovani atleti e a presentare ai campionati nazionali un grande salto alla sbarra con Enzo Cifarelli. – ho dovuto staccarmi dalla palestra, altrimenti avrei continuato all’infinito a sollevare ginnasti sull’attrezzo. Quando smisero l’attività Pallotti e compagni qualcuno, scoraggiato da un futuro tecnico incerto, voleva chiudere la società. Decidemmo così di ricominciare puntando di nuovo sui giovani e su noi stessi. Con Paolo Orlando, Valeria e Gigi è accaduta la stessa cosa. Anche io ho sposato la Ginnastica e devo ringraziare soprattutto mia moglie Paola Coniglio, che mi è sempre stata accanto, lavorando per tanti anni in segreteria”. I ricordi volano e si moltiplicano gli esempi di una grande moralità sportiva. Se l’Italia oggi fa parte del G8 dello Sport planetario, se riusciamo a competere con superpotenze economiche e demografiche come la Cina, la Russia o gli Stati Uniti, lo si deve principalmente al cuore di gente come questa. “I 60 anni della Romana sono un vanto di tutta la Federazione Ginnastica d’Italia – conclude il Presidente Agabio, che nel 1960 era riserva con Arrigo Carnoli di quella grande squadra, composta dai fratelli Carminucci (ieri c’erano Roberto e Anna, il figlio e la vedova del compianto Giovanni), Gianfranco Marzolla, Orlando Polmonari e Angelo Vicardi – Rammento il nostro stupore nel vedere in azione al corpo libero il piccolo Franco. Era una forza della natura, un talento incredibile che Gianluigi Ulisse riuscì a plasmare. Io nel 1952 c’ero e sono stato testimone oculare della crescita di questa società. Oggi qui ritrovo tanti amici e sono felice di festeggiare insieme a loro una ricorrenza tanto importante. L’intuizione può essere un dono di Dio, ma quanto è umana la perseveranza e l’impegno di portarla avanti, malgrado le difficoltà che si possono incontrare. Siate orgogliosi di voi stessi e di ciò che avete creato!”. Amati e stimati da tutti, anche dai dirimpettai della Ginnastica Flaminio, che nonostante una accesa e comprensibile rivalità sul campo arrivarono ad ospitare la Romana, al di là del Tevere, quando per i Mondiali del 1990 si dovette rifare lo stadio. Il prossimo anno, il sessantunesimo, ricomincerà come sempre. Dalla squadra di Artistica Maschile in Serie A1 e dalle donne in A2. Con lo stesso spirito e l’entusiasmo che fuoriusciva dal saggio delle nuove leve, tra staggi asimmetrici, castelli degli anelli, sbarre e strisce acrobatiche, tanti tappetoni e la magnesia impregnata nelle pareti. E quanto è bello pensare che tutto questo, domenica prossima, mentre poco più su si consuma l’ennesimo derby calcistico, in quel coacervo di esaltazione fine a se stessa proprio del tifo da stadio, dormirà cullato dai fasti della sua storia in attesa di riaprire, al lunedì, con una processione di bimbe in chignon e di maschietti "scavezzacollo".