Reality, vil razza dannata. Implode quello che un tempo fu un bell'esperimento, il Grande fratello, sotto il suo stesso peso: la seconda puntata è scesa al 17,28% di share e a 3,5 milioni di spettatori. Dunque i detrattori del genere prima brinderanno e poi verseranno carta, penna e calamaio per capire come e perché: detrattori va bene, ma perché non guadagnarci un po' sopra? Invece la televisione continuerà a pullulare di reality grandi e piccoli, alcuni interessanti: come Ginnaste. Vite parallele, che Mtv trasmette da lunedì al venerdì (alle 15 e 19), con in più «access time»  e prima serata al venerdì (dalle 20), una «maratona» nel week-end e la visione differita su www.mtv.it/ondemand. Ginnaste. Vite parallele è un docu-reality sulla ginnastica artistica, una delle non molte eccellenze italiane, difficile e quasi  monastico per la dedizione che pretende. Lo fa seguendo sette atlete tra i 17 e i 20 anni, ospiti del Centro Tecnico Federale di Milano per prepararsi a Mondiali e Olimpiadi. Già, perché tra poco più di nove mesi sarà Londra 2012, la più grande festa globale (non solo sportiva) del nostro tempo, che però è anche il più grande sogno che uno sportivo possa coltivare: soprattutto se si dedica a uno degli sport minori in Italia (cioè tutti quelli che non sono calcio), e dunque sa fin da piccolo di non avere davanti a sé, come ricompensa per il sudore, nient’altro che la soddisfazione di aver dato tutto ed esserci riuscito. Sta proprio qui uno dei motivi d'attrazione di Ginnaste, che è firmato da Carlo Altinier (lo stesso del bel “Fino all'ultimo round” sulla Nazionale italiana di pugilato, in onda nella scorsa stagione su Fx), Stefania Colletta e Antonella Vincenzi per FreemanteMedia, per la regia di Sarà Ristori. Qui si parla di sacrificio e lavoro: grazie al reality, il documentario va oltre il fatto sportivo per mostrarci un'umanità che, nell'Italia rappresentata oggi da RaiSet, sembra provenire da un altro pianeta. Eppure esiste ed è la nostra parte migliore. Grazie al reality, già . Grazie.

 

PIER GIORGIO NOSARI (L’Eco di Bergamo)

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