Il cinese Liu Yang ha dovuto attendere cinque lunghi anni per riscattare la delusione di Rio de Janeiro, quando mancò il podio olimpico per un decimo, dietro al russo Abliazin. Ma dalla medaglia di legno il ginnasta di Anshan è balzato direttamente all’oro, cancellando anche il brutto ricordo del suo infortunio al ginocchio. Il campione del mondo 2014 regala così alla Repubblica popolare il primo titolo ginnico di questa edizione olimpica, il 250esimo in totale ai Giochi estivi, salutando dal gradino più alto come non accadeva più ai cinesi dal 2012.

Il compagno di squadra Liu You Hao, che visse, anche lui, le sue delusioni a Rio, è riuscito a sorpresa ad occupare la piazza d’onore, completando la doppietta di Pechino. Un po’ di delusione per il greco Eleftherios Petrounias mitigata però dalla consapevolezza della lunga rincorsa fatta per arrivare fin lì. Il campione olimpico uscente non solo è costretto ad abdicare, ma deve anche accontentarsi del terzo posto, staccato di un decimo di punto da You Hao. Il bronzo di Petrounias è stata la millesima medaglia olimpica assegnata nella ginnastica artistica.

Ricordiamo che nell’edizione del 1964 il migliore sul castello fu il giapponese Takuji Hayata che con 19.475 precedette di 50 millesimi il nostro Franco Menichelli, argento con 19.425 davanti al sovietico Boris Sachlin (19.400). Il resto della classifica dell’Ariake Gymnastics Centre ha visto scorrere i migliori interpreti della specialità. Dal francese Samir Ait Said, che nel 2016 si procurò una terribile frattura scomposta all’arrivo del volteggio, al numero uno di Stoccarda 2019, il turco Ibrahim Colak, finito sul quinto gradino, davanti al russo Denis Abliazin, all’altro turco Adem Asil e all’olimpionico di Londra, il brasiliano Arthur ZanettiI, atterrato in maniera rovinosa dopo una bella routine.

“E’ stata una delle finali più interessati alle quali ho assistito – ha dichiarato Luigi Rocchini, il tecnico di Lodadio, l’azzurro rimasto fuori dall’ottetto per un soffio e prima riserva della finale olimpica – C’erano i più forti anellisti in circolazione e sono convinto che Marco avrebbe meritato di essere fra loro. Su tutti emerge il livello Liu Yang che sia per quantità di difficoltà, sia per qualità esecutiva, ha ampiamente meritato. Impressionante l’altro cinese, che aveva una nota di partenza stratosferica (6.6, la più alta del lotto) e basta questo per capire di che pasta fossero gli atleti in gara. Pagando qualcosa in esecuzione si è dovuto accontentare del secondo posto, ma parliamo di difetti comunque minimi, rispetto al valore dell’esercizio. Sono felice per Leuterīs (Petrounias), il quale, malgrado partisse da qualcosna in meno (6.3, rispetto anche al 6.5 del vincitore), ha mostrato per l’ennesima volta un'eleganza e una pulizia da grandissimo campione qual è. Sugli altri posso aggiungere di aver ritrovato un Colak meno appannato, rispetto all’ultimo periodo non facile che abbiamo passato in molti. Ibrahim, al pari di Marco e Petrounias, ha subito un intervento alla spalla dal quale ci vuole tempo per tornare al top. Dagli Europei di Mersin a quelli di Basilea aveva avuto un’evidente flessione, ma qui, anche nelle palestre di allenamento, ho rivisto il Colak di Stoccarda. Il francese aveva, invece, una benda su un braccio. Evidentemente un problema dell’ultimo istante che ha frenato le sue ambizioni. Stiamo parlando di Ait Said, un ginnasta di grandi potenzialità. Abliazin è un altro di fenomeno, che rientrava dopo aver dato l’impressione di non sentire più tanto l’attrezzo. Alcune sue posizioni statiche non erano proprio in linea ed ha sporcato l’esecuzione sul finale. Asil, entrato di recente nella rosa della nazionale turca, giocava il ruolo dell’outsider e non mi ha impressionato particolarmente. Zanetti ha sbagliato, altrimenti se la sarebbe giocata fino alla fine, come ha sempre fatto”.

Insolitamente inerme, costretto ad assistere dagli spalti, il primo aviere dell’Aeronautica Militare ha comunque colto importanti indicazioni dalla finale olimpica mancata. “Il livello è molto alto ma non inarrivabile – ha commentato Marco Lodadio, poco prima di imbarcarsi sull’aereo che lo sta riportando in Italia – Gli otto visti ieri in pedana sono stati fonte d’ispirazione e mi hanno fornito un nuovo punto di riferimento sul quale lavorare. Posso dire sinceramente che me ne vado da Tokyo più carico, perché ho capito che in finale ci sarei stato bene anche io. Guardarla dall’esterno ti dà una visione diversa rispetto al solito ed è stato un momento intenso nel quale ho fatto i conti con me stesso. Adesso si torna in palestra a Civitavecchia per limare il tutto e arrivare ad avere un esercizio perfetto. Non credo sia stato avventato aumentare il punteggio di partenza. Abbiamo visto da dove partivano gli altri. Se i cinesi viaggiano su i 6.6 o i 6.5, era giusto che noi puntassimo sul 6.4, che poi è un decimo in pià rispetto alla Germania. Io credo che siamo sulla buona strada. Serve tempo per consolidare le difficoltà e in questo periodo quella che mi è mancata maggiormente è stata la continuità. Comunque, nonostante non abbia gareggiato, la finale olimpica mi ha confermato una cosa: si può fare!”