Gli storici ori dell’israeliano Artem Dolgopyat, della brasiliana Rebeca Andrade e della belga Nina Derwael, oltre alla difesa del titolo del britannico Max Whitlock, hanno incorniciato una serata di primati, che sia i ginnasti sia i rispettivi paesi di appartenenza ricorderanno a lungo. Tre nazioni, infatti, sono finalmente entrate a far parte del club esclusivo dei detentori dei titoli olimpici della ginnastica artistica. Le storie, in realtà, erano tutte diverse, ma ognuna legata all’altra da un filo conduttore comune.

Per il Belgio il titolo della Derwael alle parallele asimmetriche mette insieme più record: la prima donna belga olimpionica della ginnastica si aggiudica, a distanza di 100 anni dall’argento della squadra maschile nell’edizione di Anversa 1920, il primo oro dell’intera spedizione a Tokyo 2020. La ventunenne di Ghent con il personale di 15.200, ha messo in fila la russa Anastasiia Iliankova, argento ROC con 14.833, e la campionessa all-around americana Sunisa Lee, bronzo a quota 14.500. Staccata di un decimo finisce ai piedi del podio degli staggi la cinese Lu Yufei, ferma a 14.400. A seguire le altre ginnaste volanti: la tedesca Elisabeth Seitz (14.400), la francese Melanie de Jesus dos Santos (14.033), l’altra cinese Fan Yilin (13.900) e la seconda russa Angelina Melnikova (13.066). Nina Derwael succede così alla russa Alija Mustafina, che a Rio si aggiudicò l’oro, precedendo di un soffio Madison Kocian, nell’unica finale brasiliana senza la Biles, e festeggia dal gradino più alto di Tokyo, come nel 1964 fece Polina Astachova.

Nell’altra metà del cielo femminile brilla finalmente la stella dell’Andrade, beffata nel Concorso Generale da due fuori pedana all’ultimo giro del corpo libero. Con un Cheng da 15.166, un Amanar da 15 tondo e la media del 15.083 ha di fatto lanciato il Brasile nella leggenda. Qualche giorno fa era stata la prima ginnasta a regalare una medaglia, l’argento, alla sua Federazione, adesso è la prima a dargli l’oro. Il trionfo arriva dopo tre gravi infortuni al ginocchio, tra il 2015 e il 2019, che avevano minato le certezze della ventiduenne paulista. “Sapevo che sarebbe stata un’altra giornata difficile – ha dichiarato Nina - ma ho dato di nuovo il 110% di me ed ora ho un'altra medaglia al collo ed è d'oro. E’ semplicemente fantastico".

Il punteggio di esecuzione più alto su entrambi i salti (9.266 nel primo, 9.200 nel secondo) ha fatto la differenza con la medaglia d'argento MyKayla Skinner (14.916), che ha sostituito la compagna di squadra Simone Biles. Bronzo per la sudcoreana Yeo che con 14.733 riesce a respingere l’assalto di un’altra outsider straordinaria, la messicana Alexa Moreno (14.716), costretta alla medaglia di legno per una manciata di millesimi. La campionessa dei Giochi Asiatici di Giacarta 2018 ha riportato la famiglia sul podio olimpico, un quarto di secolo dopo l’argento del padre Yeo Hong-Chul ad Atlanta 1996. Ma d’altra parte la Repubblica di Corea ha una particolare predisposizione per la rincorsa dei 25 metri: delle sue dieci medaglie Cio nella ginnastica, cinque sono state vinte in questa specialità. Il parterre della finale si completa con la quinta piazza della Melnikova (14.683), seguita dalla connazionale Liliia Akhaimova (14.666), dalla canadese Shallon Olsen (14.550) e dall’americana Jade Carey (12.416), che si era qualificata ai Giochi vincendo proprio il circuito di Coppa del Mondo al volteggio. Tornando alla Andrade, il suo titolo arriva a cinquantasette anni da quello di Vera Caslavska, oro a Tokyo nel 1964, e a cinque dal successo della Biles a Rio de Janeiro. Sul fronte maschile c’è stata una novità e una conferma.

La vittoria di Dolgopyat al corpo libero porta a Israele una medaglia olimpica mai vista nella ginnastica e il secondo squillo ai Giochi, per la stella di David, in tutti gli sport. Due volte d'argento ai campionati del mondo, Artem, sulla pedana nipponica ha migliorato, in un colpo solo, sia la routine, sia il colore della medaglia. Ma non è stato facile. In perfetto equilibrio e a pari merito con Rayderley Zapata, sia nel totale (14.933), sia nell’esecuzione (8.433), il ginnasta di origini ucraine (nato 24 anni fa a Dnipro e trasferitosi in Israele all’età di 12 anni) ha prevalso soltanto per la nota di difficoltà più alta di un decimo (6.60 contro 6.50 dello spagnolo). Il campione del mondo 2017 Xiao Ruoteng, con il terzo posto e il personale di 14.766, ha centrato la sua terza medaglia ai Giochi. Ai piedi del podio dell’Ariake Gymnastics Centre finiscono, nell’ordine, il sudcoreano Ryu Sunghyun (14.233), il kazako Milad Karimi (14.133), lo statunitense Yul Moldauer (13.533), il russo Nikita Nagornyy (13.066) e l’altro coreano Kim Hansol (13.066). Dolgopyat raccoglie lo scettro che nel 1964, a queste stesse latitudini, fu dell’italiano Franco Menichelli, e soffia la corona di Rio a Max Whitlock.

Il britannico però resiste al cavallo con maniglie, dove, dopo il quinto posto in qualifica, aumentando di due decimi il coefficiente di difficoltà del suo esercizio, in finale con un perentorio 15.583 sorpassa tutti. Niente da fare per il cinese Taipei Chih Kai Lee, secondo con 15.400, né per il padrone di casa, Kazuma Kaya, felicissimo però del bronzo ottenuto con 14.900 sei anni dopo quello mondiale. Seguono il russo David Belyavskiy (14.833), l’altro giapponese Kohei Kameyama (14.600), l’americano Alec Yoder (14.566), l’irlandese Rhys Mc Clenaghan (13.100) e il cinese Sun Wei (13.066). "Sono al settimo cielo", ha detto il ventottenne della contea di Hertfordshire, il primo uomo a vincere due titoli olimpici consecutivi al cavallo con maniglie dall’ungherese Zoltan Magyar nel 1976 e nel 1980. "Stamattina avevo davvero i nervi tesi. Non mi ero mai sentito così agitato prima di una competizione, quindi è ancora più straordinario che sia riuscito a farcela”.

Foto Ricardo Bufolin

CLASSIFICA CORPO LIBERO MASCHILE

CLASSIFICA VOLTEGGIO FEMMINILE

CLASSIFICA CAVALLO CON MANIGLIE

CLASSIFICA PARALLELE ASIMMETRICHE
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