l’antivigilia dell’ennesima gara della vita - che lei stessa ha dimostrato, con ostinazione, di poter replicare, dopo Aarhus, dopo Pechino, dopo Londra, dopo Rio de Janeiro, dopo Montreal, dopo mille altri ‘dopo’, buttati dietro le spalle - diventa per Vanessa Ferrari un giorno ordinario della sua straordinaria carriera. “Oggi faccio l’ultimo allenamento pesante, dove provo le diagonali. In palestra sono abituata a caricare a giornate alternate. Quindi domani spingerò meno. I piedi mi hanno fatto parecchio male, son riuscita a fare quello che dovevo, ma con fatica. Un po’ di mesoterapia, qualche trattamento con Salva (Salvatore Scintu, il fisioterapista della nazionale italiana di artistica dai Giochi di Atlanta) e stringerò i denti. Dopo domani i miei piedi non saranno un problema”.

Ma neppure le avversarie, perché la nuova versione zen della Ferrari guarda ormai più al suo karma che a quello che le gira intorno. Il livello di concentrazione quasi ascetico è uno degli aspetti positivi della sua età adulta. Maturità, consapevolezza, autocontrollo, sono oli caratteriali per lubrificare le giunture logorate dal tempo. Intanto arriva la conferma che la Biles, dopo aver saltato l'all-around, non parteciperà neppure alle finali di volteggio e parallele asimmetriche. "Le sue condizioni verranno valutate giorno per giorno per capire se potrà gareggiare a corpo libero e trave", spiega USA Gymnastics, la federazione americana.

“Non mi cambia nulla se Simone ci sarà o no – taglia corto il caporal maggiore dell’Esercito Italiano - Non voglio pensare agli altri, come feci, sbagliando, in Brasile. Mi ricordo, nel 2016, quanto mi preoccupavo per l’esercizio di Amy Tinkler. E cosa mi ha portato? È arrivata comunque davanti. In questa Olimpiade sono concentrata soltanto su me stessa. D’altra parte siamo tutte li, staccate di un decimo, a volte nemmeno. Si è visto pure nella finale a squadre. Quindi la mia strategia è fare al meglio quello che so fare, niente di più, neppure di meno!”.

Intorno a lei però cresce l’attesa, dall’Italia al Giappone arrivano tanti messaggi di incoraggiamento. “Ho visto quello di Menichelli, un grande campione che qui ha scritto la storia, e mi ha fatto piacere. Ringrazio tutte le persone che mi sono vicine, ovviamente, ma preferisco parlare dopo. Alla fine tireremo le somme. Certo, per me è già tantissimo essere arrivata fin qui. Aver fatto quel bel esercizio in qualifica, dopo il quale mi sono anche emozionata, come non mi era mai capitato. Quando sono scesa dalla pedana, senza neanche aspettare il punteggio, sapevo che con quella prestazione sarei stata dentro. E ne ho avuto conferma nella finale a squadre, dove, pur mancando la doppia impugnata, ho perso pochi millesimi. Vuol dire che l’esercizio piace alla giuria. So quello che posso dare, quello che valgo. Cosa serve di più?”. La risposta la porta il vento, cantava Dylan, nel 1963, ad un anno dai Giochi di Tokyo.

“Domani vado in palestra a fare un po’ di movimento, a provare le parti di coreografia, per tenere sveglie le gambe, senza caricare. Poi, tra una terapia e l’altra sentirò il mio compagno, Simone, la mia famiglia. E continuerò a pensare solo al mio esercizio. A questo giro non mi interessa altro, non guardo in faccia nessuno. So che me lo merito, soprattutto dopo due quarti posti consecutivi. Anzi, a Londra, in verità, ero stata sempre sul podio, sia in qualifica, sia in finale, con l’ex aequo sciolto a mi svantaggio. Niente pressioni o ansie – conclude la leonessa di Brescia - tanto sono inutili, perché alla fine andrà come deve”.