A pochi mesi dalla scomparsa dell’indimenticato professor Bruno Grandi, uno dei più amati dirigenti sportivi italiani e colonna portante nella storia della Federazione Ginnastica d’Italia, il giornalista e campione olimpionico di Pentathlon moderno, Daniele Masala, lo ha ricordato in un articolo pubblicato sul nuovo numero del magazine “Presenza Nuova”, la rivista dell’Associazione Italiana Cultura Sport (AICS), che riportiamo di seguito:

Era una placida giornata dello scorso settembre forlivese quando il “Bruno nazionale”, il “professore”, se n’è andato, in sordina, senza proclami speciali o annunci gridati, così come era la sua natura: uomo del fare piuttosto che dell’apparire. Ha scelto l’anno in cui la sua Federazione, che ha condotto per oltre quattro lustri, compiva 150 anni dalla fondazione, come a voler lasciare questa sua vita terrena nel momento migliore, il più commemorativo. Sarebbe oltremodo lungo e scontato elencare il suo palmares dirigenziale, ma una cosa certa la posso asserire: con il suo costante operato ha profondamente inciso sullo sviluppo nazionale e internazionale di questa difficile disciplina sportiva che amava profondamente; senza dubbio egli è stato il dirigente che ha segnato un’epoca per tutto il suo movimento. Un grande senso politico, uno spiccato amore per le istituzioni e un innato equilibrio lo portavano a scegliere la strada migliore e più sicura. Bruno non lavorava per il proprio mero interesse, ma il suo agire era per la comunità che rappresentava, nel segno de “la crescita per tutti uguale a benessere per tutti”.

Membro italiano del CIO, Commendatore della Repubblica, Collare d’Oro al merito sportivo e Presidente onorario della Federazione Internazionale di Ginnastica, basterebbe questo per descrivere quello che ha rappresentato nel nostro mondo, ma c’è molto di più, perché dietro a tutto c’era l’uomo passionale e appassionato. Il suo carattere lo faceva andare avanti senza indugi, per le vie brevi, senza troppi fronzoli o giri di parole. Mirava, piuttosto, dritto al cuore del problema e lo risolveva nel migliore dei modi. Un romagnolo purosangue, insomma: mai fuori dalle righe, mai una parola di troppo o gridata, anche se spesso doveva reprimere il suo sangue che ribolliva al cospetto delle ingiustizie o di politiche avvelenate. L’avevo conosciuto bene oltre venticinque anni fa, quando, finita l’attività agonistica da qualche anno, cominciavo ad esplorare le strade del marketing industriale rappresentando l’azienda che all’epoca aveva sponsorizzato la sua federazione: Arena. Andavo di sovente in FGI, in quel di viale Tiziano 70, meta e punto di arrivo di tanti dirigenti sportivi, ed ogni volta venivo accolto con la migliore delle ospitalità, rispettando prima l’uomo, poi l’atleta e, infine, l’operatore. Prima di arrivare al nocciolo della questione, ci scambiavamo delle chiacchiere che non erano mai tanto per parlare, ma avevano sempre un profilo di accoglienza e di amicizia. Ovviamente, cercava di tirare fuori il meglio per i suoi atleti e i suoi dirigenti, ma senza mai superare il lecito o dimenticare i ruoli che ognuno rappresentava.

Bruno prima di tutto amava lo sport in tutte le sue rappresentazioni. Un tifoso vero e proprio, e per questo il Presidente Pescante lo aveva voluto suo vice al CONI, negli anni ’90, in virtù anche della sua infinita preparazione e dell’attaccamento dimostrati. E proprio per quel senso del dovere, ha dovuto affacciarsi a quel difficile panorama sportivo e politico che da sempre rappresenta il CONI, appunto, e alla Presidenza mondiale della ginnastica, portandolo oltre le mura della Federginnastica. Ma lui era tagliato per questi ruoli, dimostrando negli anni che era uno dei migliori dirigenti che abbiamo avuto. Ricordo quando a Firenze, nel 2016, in occasione dell’Assemblea straordinaria dell’AICS in cui gli era stato conferito il premio “una vita per lo sport”, l’altro Bruno eccellente forlivese, il nostro Presidente Molea, troppo impegnato con i lavori, dette a me l’onore e il piacere di accompagnarlo in attesa della cerimonia. Fu un’occasione irripetibile: un pomeriggio passato a passeggiare per le strette strade della città, sottobraccio l’uno all’altro, come dei vecchi amici che si rincontravano. E forse lo siamo stati veramente, e in quei momenti abbiamo sancito questo sentimento con quella sincerità reciproca delle parole che solo in età avanzata si può avere. Ognuno rispettoso del ruolo e del passato altrui, ci raccontavamo cose che si possono capire nel profondo solo da chi ha vissuto da dentro quel periodo. Confessioni, indiscrezioni, segreti che ormai non lo erano più, vecchi di oltre trent’anni, uscivano dai nostri ricordi, conditi da risate e osservazioni, le più inaspettate. E lui si divertiva a far emergere gli aspetti politici e comportamentali che grandi personaggi assumevano in certe difficili situazioni e che non mi sarei mai aspettato. Ma così sono i vecchi amici quando si incontrano dopo tanti anni: parlano dei tempi andati, dei fatti e delle persone che hanno colorato (o scolorito) la propria gioventù di atleta e/o dirigente. Da quei momenti, riflettendo sul personaggio, è emerso ai miei occhi un forlivese innamorato della sua città. Un uomo tutto d’un pezzo, che ha fatto del lavoro della serietà i suoi punti di riferimento. Non è stata un caso la longevità del suo operato da dirigente, e nemmeno l’aver portato nella sua città una tappa di Coppa del Mondo di Acrobatica e l’avvio della realizzazione del Museo della Ginnastica, da lui fortemente voluto. Da quei discorsi in libertà è emersa con forza la sua immensa figura che è riuscita, nel lento lavoro degli anni, a sdoganare il suo sport facendolo diventare il terzo più importante del programma olimpico, dopo l’atletica leggera e il nuoto.

Un gigante come Presidente nazionale e internazionale della ginnastica e del CONI, un politico che ha insegnato a tutti a difendere le istituzioni dell’ordinamento sportivo. Non è un caso che alle sue esequie siano accorsi personaggi del calibro del Presidente del CONI Giovanni Malagò, del membro del CIO Franco Carraro, del membro onorario Mario Pescante; e poi il Presidente della Federazione Mondiale di Ginnastica, Morinari Watanabe, di quella italiana Cavalier Gherardo Tecchi, quello onorario e suo grande amico, Riccardo Agabio, il Segretario generale Roberto Pentrella. Presente anche lo stesso Molea, in doppia veste, come rappresentante delle istituzioni sportive e come amico di Grandi e della sua famiglia. Ha voluto essere presente anche tutto quel mondo della ginnastica italiana che deve moltissimo al lavoro di Grandi: i suoi amici, gli ex alunni, i collaboratori, gli atleti delle Nazionali, i colleghi, i vecchi compagni di squadra. Il Sindaco Gian Luca Zattini, il Segretario generale che lo ha affiancato a Losanna, André Gueisbuhler, il suo successore Nicolas Buonpane, il Segretario del Comitato Olimpico italiano, Carlo Mornati, il giornalista Marino Bartoletti, solo per citarne alcuni. Tornando a quel pomeriggio fiorentino, col suo “azzento” spiccato e tagliente, dopo aver parlato fino all’ora di pranzo, abbiamo mangiato insieme, con appetito, bevendo e sorridendo davanti a un buon vino. Mi sembra ieri, ma sono passati già tre anni. Non mi restano che i ricordi e l’immagine di un uomo, di un grande italiano e di un grande uomo di sport, oltre che un amico, che se n’è andato.