Questa mattina, presso il Salone dei Duecento del Palazzo Vecchio di Firenze, si è svolto il convegno dal titolo “Lo Sport e il Territorio – Tra Economia sociale ed Economia reale”. All’incontro hanno preso parte il Sindaco Matteo Renzi, il nostro Riccardo Agabio, in qualità di Vice Presidente CONI, i presidenti federali Giancarlo Abete (FIGC) e Renato Di Rocco (FCI), il numero uno della UISP Filippo Fossati, il Responsabile nazionale delle politiche giovanili e sport ANCI Roberto Pella, l’Amministratore Delegato Banca Prossima Marco Morganti,  il Presidente della Lega Calcio Serie A Maurizio Beretta, Giovanni Malagò per il Circolo Canottieri Aniene, l’Assessore allo Sport del Comune Dario Nardella, il Direttore di QS Enzo Bucchioni e il Vice Direttore de "La Gazzetta dello Sport“ Franco Arturi e il Presidente dell’Istituto per il Credito Sportivo Andrea Cardinaletti. Presente anche la Direttrice Tecnica nazionale della Ginnastica Ritmica, la prof. Marina Piazza. Il prof. Agabio, dopo aver portato i saluti del Presidente del Coni Giovanni Petrucci, ha basato il suo intervento sull’ Importanza sociale dell’etica sportiva. Ne riportiamo, di seguito, il testo integrale:


 

«Lo sport e l’attività fisica, nelle loro diverse espressioni, costituiscono per la collettività un patrimonio inestimabile che è necessario e doveroso tutelare ed incrementare. Un patrimonio che, come non mai, è riconosciuto essenziale per le sue implicazioni sociali, soprattutto su quei fronti che sono oggi i più impegnativi ed attuali. Mi riferisco in particolare alle tematiche dell’inclusione e dell’integrazione sociale, dell’aggregazione e della partecipazione, indipendentemente dalle diversità individuali, culturali, religiose o ideologiche. E mi riferisco anche alle straordinarie potenzialità in termini di salute e di qualità della vita, autorevolmente e ripetutamente sottolineate dalle più importanti istituzioni mediche e scientifiche. Tuttavia, per potersi davvero esprimere, tutte queste potenzialità necessitano di condizioni favorevoli, ovvero di un sistema sportivo strutturato e sostenuto in modo adeguato. Lo sport non è mai stato avulso dalla società del suo tempo e tanto meno lo è oggi, dove le profonde interazioni fra sport e società sono amplificate dai mezzi di comunicazione, in grado di trasformare gli eventi sportivi più spettacolari in eventi mediatici globali. Lo sport ha acquisito in questo modo una grande forza di promozione culturale, economica e politica. Culturale, in quanto lo sport è indubbiamente un mezzo per trasmettere valori e sapere; economica, in quanto lo sport muove un notevole volume di affari e politica, in quanto al prestigio ed al successo sportivo viene spesso associata l’ immagine di governi e regimi. Su queste potenzialità e prerogative si è innestato un sistema caratterizzato da forti interessi, che detta condizioni e pretende risultati. Questo processo non è necessariamente sempre negativo ed anzi può aprire grandi opportunità; ma è certamente un processo complesso e delicato, sul quale occorre riflettere e vigilare. Riflessione e vigilanza che portano invariabilmente ad incontrare la dimensione etica dello sport e di ciò che gli ruota attorno. Per analizzare le ragioni e sostenere l’imprescindibile necessità di solidi riferimenti etici nel mondo dello sport, è indispensabile inquadrare brevemente il rapporto fra sport e società.  Lo sport ha sempre avuto due grandi anime: una connessa al desiderio innato di competere e l'altra associata alle straordinarie potenzialità che l'esercizio fisico ha in termini di salute e benessere. Naturalmente queste due espressioni dello sport sono - o dovrebbero essere - fortemente connesse, ed è soprattutto su tale connessione che influisce in modo determinante l'etica sportiva. Prima di illustrare questa affermazione, è utile tratteggiare, almeno a grandi linee, un quadro di riferimento per quello che dovrebbe essere il percorso sportivo di ogni cittadino. L’ideale è facilmente identificabile in una fase iniziale in cui il bambino gioca "fisicamente" il più possibile, un prosieguo in cui avvicina una o più attività sportive ed una maturità e vecchiaia in cui si svolge una vita fisicamente attiva e si praticano attività sportive dilettantistiche. E' chiaro che un percorso ideale di questo tipo presuppone una organizzazione sportiva ed una cultura sportiva in grado di fornire all'individuo sia le possibilità materiali di svolgere un'appropriata attività sia – cosa forse anche più importante – le motivazioni e le condizioni per svolgere tale attività regolarmente, nell'intero corso della vita ed in modo da poterne ricavare tutti i benefici in termini di salute e di benessere. Questa è probabilmente una ragionevole e concreta chiave di lettura del rapporto fra etica e sport. In questo senso: l'etica sportiva ha il compito di permeare il mondo sportivo in modo tale che ogni individuo, senza alcun limite ne' distinzione, possa beneficiare di un salutare e gratificante rapporto con l'attività fisica e lo sport, rendendoli parte integrante della propria vita, dai primi anni fini alla più tarda vecchiaia. Su queste basi è possibile sviluppare una riflessione in merito all'etica del nostro sistema sportivo o più in generale del sistema sportivo internazionale. Oggi, in tutto il mondo, lo sport è oggetto di grande attenzione. In particolare vi è una grande attenzione dei media verso lo sport agonistico di alto livello e soprattutto nei confronti di pochissime discipline. Al punto che, talvolta, si è al cospetto di una vera e propria monocultura sportiva. Le notevolissime implicazioni economiche legate a queste discipline stanno di fatto proponedo un'immagine dello sport e dei suoi valori talvolta difforme da quelli universalmente riconosciuti come sportivamente "etici" ma anche e soprattutto difformi da quanto necessario a promuovere l'equivalenza fra attività fisica e salute. Il riferimento è naturalmente alla devastante piaga del doping, ma non solo. Lo stesso modo di proporre lo sport che genera il fenomeno doping, un modo, per intendersi, dove il risultato è un traguardo da ricercare a tutti i costi, determina conseguenze, per esempio nelle metodiche di allenamento, che pongono seri interrogativi anche quando non vengono intraprese procedure esplicitamente illecite. Questo è il punto critico su cui occorre sviluppare ed applicare una nuova etica dello sport. Che ai tradizionali principi di lealtà, rispetto, fair play aggiunga un’ ulteriore attenzione alle nuove questioni poste soprattutto dallo sport agonistico di alto livello, e soprattutto in considerazione del notevolissimo impatto sociale che determinati eventi hanno acquisito. Il quadro che talvolta emerge dall’altissimo livello, rispecchia un'immagine diversa da quella che vuole lo sport come un contesto speciale, una scuola di valori, di lealtà, un terreno per evidenziare gli aspetti migliori della natura umana. E ciò è indubbiamente un grave pericolo per la collettività. Pensiamo a quale messaggio può arrivare ai nostri ragazzi: quando il gioco diventa davvero importante - e questa "importanza" è sancita dallo spasmodico interesse dei media - allora avviene esattamente quello che il celeberrimo detto business is business esprime così bene: un contesto dove il risultato ed il profitto giustificano tutto. E pensiamo, per contro, a quale formidabile veicolo è lo sport di alto livello per motivare i giovani all'attività fisica: emulare i grandi campioni è una molla potentissima, che deve essere sfruttata positivamente. Per questo è così importante l'immagine che lo sport da di se ai massimi livelli. Un campione dopato non fa del male solo a se stesso, ma si fa portavoce di un messaggio sciagurato. Perseguire la vittoria a tutti i costi diventa così uno standard che ritroviamo anche ai livelli più bassi e succede questo: fin da piccoli si rischia di venir considerati sportivamente solo in funzione delle possibili prestazione agonistiche, annullando completamente quel significato – in assoluto il significato più importante – che lo sport riveste. Al bambino ed al giovane viene così offerta un'immagine dello sport, e delle possibilità di praticarlo, che di fatto lo possono allontanare da una sana cultura sportiva. Quella cultura che induce l’ individuo ad avvicinarsi allo sport per divertirsi, per competere serenamente, per emulare i campioni e che promuove un processo di crescita individuale che trasforma il bambino in cittadino consapevole. Questa cultura, paradossalmente, è oggi in pericolo. Più veniamo a conoscenza delle straordinarie opportunità legate all'attività fisica e più assistiamo all'ampliarsi del divario fra le due anime dello sport a cui ho fatto riferimento: lo sport per tutti e lo sport di alto livello. Riavvicinare queste due anime è oggi il nuovo e più importante compito dell'etica sportiva, che deve liberarsi da ogni connotazione demagogica e rispondere con rinnovati strumenti ai cambiamenti imponenti e repentini che lo sport, e più in generale la società, sta attraversando. Ma perchè ciò possa realmente avvenire è indispensabile che lo sport di vertice e quello di base tornino ad assomigliarsi, prima di tutto nei principi etici, e che siano l'uno all'altro da modello e da sprone».