RASSEGNA STAMPA
Da Repubblica di lunedi' 6 settembre 2004
di MATTIA CHIUSANO
Intervista a Jury Chechi

ROMA - Dice: "Sono stato in Costa Azzurra e tutti mi riconoscevano. Ma se un campione francese di ginnastica venisse in vacanza in Italia, non se lo filerebbe nessuno". La sintesi perfetta dello sport italiano, a metà strada tra la fine delle Olimpiadi e l'inizio del campionato di calcio. La sintesi che poteva trovare Jury Chechi, simbolo dell'"altro" sport, famoso come un calciatore ma saldamente legato agli anelli che gli hanno dato la fama. Medaglia d'oro ad Atlanta, ma soprattutto medaglia di bronzo ad Atene dopo sette anni senza gare. Portabandiera nella cerimonia inaugurale delle Olimpiadi, cartolina vivente dell'atleta che non si arrende. Ambasciatore di quegli sport che rischiano di finire nel dimenticatoio dopo la passerella ateniese.

Chechi, una settimana fa finivano le Olimpiadi, la nazionale di Lippi ha annunciato il ritorno del calcio. Siete pronti ad essere travolti?
"Dovunque vado sento le reazioni della gente comune, che ha seguito i Giochi in tv e prova un affetto incredibile per chi ha portato in alto il nome dell'Italia.
Non importa se si sia vinto o no: abbiamo lasciato qualcosa".

Sicuro che non sia successo anche in passato?
"Sarà che Atene è vicina, che si sentiva l'ideale dell'olimpismo. Ma mi sembra che questa edizione abbia lasciato sensazioni molto forti. Bella anche la reazione dello sport italiano alle difficoltà economiche".

Il flop della nazionale di calcio agli Europei ha aiutato la vostra "beatificazione"?
"Non credo. Anche se gli Europei fossero andati bene, la passione per le Olimpiadi sarebbe stata la stessa".


Trentadue medaglie: in fondo è stata un'abbuffata come già a Sydney, Atlanta...
"Ma sono medaglie prese in 17 discipline diverse, come non era mai successo. Lo sport italiano ha lavorato benissimo, anche negli sport di squadra, il volley, il basket. Pure il calcio".

Dormirebbe sogni tranquilli, lei?
"Assolutamente no. Bisogna partire subito con un progetto finanziario chiaro, preciso, che ci porti a Pechino 2008. Perché ad Atene già si è vista qualche piccola crepa, che si allargherà tra quattro anni".

Si è dimenticato di Torino 2006.
"Non possiamo permetterci di sbagliare. Ci sono difficoltà, ma almeno la macchina organizzativa è partita".

Lei è rimasto popolare quando altri campioni dei suoi anni, Tomba, Compagnoni, sono quasi scomparsi. Dia un consiglio agli eroi di Atene per non finire nel dimenticatoio.
"Io non ho fatto niente di particolare, sarà il mio carattere. Posso solo consigliare di rimanere se stessi, di essere credibili, e rispettarsi".

Chi è stato l'icona dell'Olimpiade azzurra?
"Sono di parte, penso subito a Igor Cassina e alle ragazze della ritmica. Atleti "miei", visto che sono pure dirigente e responsabile della preparazione olimpica. Ma mi viene in mente anche Stefano Baldini: vincere la maratona olimpica ad Atene, in quel modo. Quella mi sembra una medaglia un po' particolare".

Il presidente del Coni Petrucci dice che se sarà anche colpa delle federazioni, se le imprese di Atene saranno dimenticate.
"Sono completamente d'accordo. Dobbiamo essere capaci di proporre noi delle situazioni che siano attraenti per i media, non solo abbandonarci al vittimismo sul calcio padrone".

Perché, il calcio non è padrone?
"E'chiaro che ora si tornerà a parlare dei soliti sport, però anche noi dobbiamo smetterla di piangerci addosso".

Cassina che va a "Quelli che... il calcio" è un buon inizio?
"E'solo la prima di tante apparizioni che si succederanno. Dobbiamo dare ai media la possibilità di seguirci".

Per tornare al ginnasta francese ignorato in Italia, come ha ipotizzato lei: è così drammatico il paragone col calcio?
"E' una lotta impari. Il calcio da emulare, da invidiare. Il calcio che si deve dare una regolata, e spero che lo faccia già quest'anno".

Di quale regolata parla?
"Mi auguro che si riprenda a parlare di calcio giocato. Intendiamoci, io non sono contro il pallone. Però credo che debba darsi regole precise, a livello gestionale, comportamentale, tecnico. E debba essere capace di rispettarle".

Nemmeno le Olimpiadi sono state un esempio di specchiata moralità...
"Certo, nemmeno noi siamo immuni. La ginnastica è uscita devastata dai Giochi, e ci sono andato di mezzo anch'io".

Ci ripensa ancora alla gara agli anelli vinta dal greco Tampakos?
"Ci ripenso e dico che se i Giochi si fossero disputati a Roma, il campione olimpico sarei io. Ma che scandalo anche alla sbarra, coi giudici che ritoccano il voto di Nemov per le proteste del pubblico...".

Ma il calcio cosa dovrebbe apprendere da sport in cui succede quel che abbiamo visto?
"Il fair play, vero, che noi possiamo vantare".

Intende dire che voi, per esempio, non vi sputate addosso, mentre i calciatori sì?
"Esatto, proprio così. Né gestiamo in questo modo i bilanci".

Sicuro che non verrete dimenticati?
"Con tutto il rispetto per uno sport importante, sono sicuro che il calcio non potrà cancellare certe emozioni".

E adesso?
"Faccio un'altra settimana di vacanza in Sardegna, poi riprendo ad allenarmi. Pechino non è poi così lontana... no, stavolta è uno scherzo. Davvero".


(6 settembre 2004)