Il periodo estivo è per tutti gli sport che hanno un calendario agonistico cadenzato per stagioni, il periodo degli allenamenti dal sapore vacanziero, un misto fra lavoro di stabilizzazioni motorie e di rilassamento. E questo allenamento di Riccione al quale ho avuto il piacere di assistere, per le ginnaste del dopo campionati Europei è un tipico momento rigenerativo, un toccasana ideale di lavoro non aggressivo. Per la prima volta ho avuto occasione di incontrare i dirigenti della società di Riccione, Società di nuova generazione presieduta da Francesco Poesio, che sa offrire ed abbinare le favorevoli condizioni di ospitalità e di funzionalità insieme. Un’oasi estiva di prestigio (stiamo parlando di Riccione, una perla dell’Adriatico) che sa accogliere le ragazze del nostro sport con quel senso dell’ospitalità genuina, tipicamente romagnola, che già nella forma e nel modo vale di più di qualunque altra tipologia di accoglienza. Questa costituisce un‘altra piacevole scoperta che il nostro movimento - atleti e tecnici - ha bisogno di trovare in una fase di addestramento ma, soprattutto, di riconciliazione con il mondo, con l’ambiente e forse, un poco, anche con loro stessi. Erano anni che avevo perso la piacevole abitudine di questi incontri estivi con organizzatori tecnici ed atleti e l’occasione di questa visita a Riccione è stata una specie di revival di ricordi, in un momento positivo della nostra ginnastica femminile. La squadra di ritorno dagli Europei di Glasgow, ricca di risultati di grandissimo prestigio, sta vivendo il felice momento del rinnovamento nella continuità, con molta naturalezza ma anche con grande consapevolezza. Il risultato di Glasgow è stato importantissimo, un passo verso la marcia olimpica del 2020 nella logica di una regola fondamentale dello sport, che da sempre domina le scene di tutti i campi di gara: vince chi lavora di più e meglio degli altri (K. Mainel). Questo è il principio vincente mai smentito da nessun’altra teoria dell’allenamento. Il mio incontro nelle vesti di turista mi ha permesso di riscontrare un’atmosfera serena carica di un sano quanto logico ottimismo che ricaricherebbe le “batterie psicologiche“ di qualunque incallito praticante sportivo abituato alla durezza di questa vita. Quindi è logico questo stato d’animo anche perché è fondato su principi che di norma non falliscono: quello della serietà, della consapevolezza e della coerenza. Si è trattato di un incontro psicologicamente carico di ottimismo, ed è in una tale atmosfera che ho passato tre ore immerso in questo stato d’animo. Non mi soffermo sui sentimenti personali che mi hanno assorbito in questo breve tempo ma per me è stato sufficiente incontrare Bucci per rivivere gli straordinari momenti vissuti con la squadra alla quale Paolo apparteneva, per rinverdire quei momenti entusiasmanti della mia esperienza di dirigente sportivo. L’epoca di Bucci fu quella che portò la ginnastica italiana fuori dal tunnel delle amarezze; fu un’esplosione a ciel sereno perché con Preti e Chechi (nomino solo i tre leader per non cadere in dimenticanze inopportune in quanto tutti i componenti di quel gruppo furono straordinari) ci permisero di dimostrare che anche per noi era arrivato il momento di assaporare il piacere dell’importante traguardo, la conferma di sapere che avevamo intrapreso la strada giusta. Non era ancora la gioia del successo perché questo arrivò poco tempo dopo ma avevamo raggiunto la certezza di essere fra coloro che sarebbero andati ai Giochi olimpici di Seoul. Dopo una lunghissima rincorsa segnata da molte delusioni, l’Italia dei giovani ci ripagò delle tante amarezze. Lascio l’attimo di abbandono dei bei ricordi personali per ritornare alla fortunata realtà del momento che stanno vivendo queste ginnaste, in questa oasi di serenità Riccionese. Tuttavia mi viene un pensiero che poco ha a che fare con il tecnico, quasi scaramantico: che non sia proprio Paolo Bucci il portafortuna? Ma torniamo alle riflessioni più concrete che sono quelle che nascono dai risultati di questo Europeo 2018. I risultati di Glasgow, in uno sport come la ginnastica, non nascono per una combinazione fortunata di eventi positivi. C’è dietro un retroterra di fatti, un percorso costruttivo di predisposizioni organizzative, di mentalità che segnano sempre l’esito dei risultati sui campi di gara. Comincio dalla nuova formula organizzativa di reclutamento che si è scrollata di dosso la vecchia e superata esperienza dei concentramenti per un numero limitato di atleti. Parlo della mia esperienza, la critico ora, come chi la criticava già allora, perché stava già dando i segni dei suoi limiti produttivi. Oggi non sarebbe più sostenibile per gli alti costi economici, indesiderati da tutti, sicuramente sarebbero più deleteri che costruttivi sotto il profilo tecnico. Allora rappresentava l’unica soluzione praticabile, quella che maggiormente era assimilabile a quanto avveniva nei Paesi di prima fascia mondiale. Era un sistema che permetteva di fare fronte all’immediato ma non poteva aver un futuro. Infatti già allora decentrammo il settore maschile da Roma su Milano,Varese e Gallarate. Ma anche questo tipo di decentramento partiva con il piede sbagliato. Troppe lacune: da quelle dell’impoverimento tecnico delle Società, per finire a quello della formazione culturale degli atleti e dei tecnici. A conferma di quanto affermo, desidero fare una citazione storica pronunciata da J. F. Kennedy agli Americani il giorno del suo insediamento, che calza a pennello sulla soluzione da voi adottata: ”Non chiedete cosa può fare il vostro Paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro Paese”. Ottima, eccellente idea quella di una progressiva inclusione degli atleti nei centri secondo il principio della crescita tecnica e del loro livello di rendimento: coinvolgente, positiva per le società, per i tecnici delle società, per gli atleti e le stesse famiglie degli atleti. L’acronimo di tale sistema organizzativo è quello di GAS. Credo che non esista un acronimo più appropriato di questo, perché “il sistema GAS” ha dato gas alla Federginnastica. Bravo Enrico Casella! Non solo, bravi tutti per averlo applicato! Un risultato di squadra nella ginnastica non si inventa dall’oggi al domani, né rappresenta il combinato fortunoso fra atleta e tecnico. E’ il sistema, la continuità di un lavoro razionale; è ricerca scientifica nella consapevolezza che oggi, più di ieri, c’è sempre qualcosa di nuovo da capire, da scoprire su cui meditare. Ho fatto un riferimento al sistema che è politico e tecnico insieme. In entrambi i terreni, occorre collaborazione onesta, fermezza nelle proprie linee di condotta. Fatte anche di vivaci confronti di opinioni, purché siano finalizzati ad uno scopo, purché rappresentino forme di collaborazione allo stato puro. Ho assistito ad un allenamento interessante, per tanti aspetti, che vanno dai dettagli metodologici fino alla sfrenata, quasi ossessiva, ricerca della stabilizzazione dei movimenti fondamentali; dove il principio dominante è dettato dalla costante ricerca di ottenere, acquisire, la perfezione degli elementi dinamici fondamentali nella loro esatta interpretazione tecnica. Ritengo di potere affermare che la Ginnastica Italiana si sia data solide fondamenta, con le quali non si potrà sempre vincere, ma con le quali si può ipotizzare un futuro. Grazie a tutti per avermi offerto questo momento di serena riflessione.

Bruno Grandi

 

Nella Foto, al centro: il Presidente onorario della FIG insieme al numero uno della FGI il Cav. Gherardo Tecchi – a sinistra - che lo ha ricevuto ai Collegiali Estivi della GAF con il Presidente della Ginnastica Riccione Francesco Poesio