Rotterdam - Squadra che vince non si cambia!
Con un linguaggio da strategia militare potremmo dire: MISSIONE COMPIUTA! E pensare che alla vigilia sembrava più una MISSIONE IMPOSSIBILE. Invece, alla stregua di Tom Cruise, i nostri ragazzi hanno aspettato che il messaggio delle novelle Cassandre si auto-distruggesse in cinque secondi, e poi sono partiti all’assalto degli attrezzi olandesi. Il 13° posto finale nel medagliere di Rotterdam, condiviso con Brasile e Bielorussia, assume, dunque, un significato superiore rispetto a quanto non dica, a livello statistico, quell’unico podio – lo stesso, per altro, di Olanda, Francia, Grecia o Ungheria, salite su gradini diversi per merito, però, di puri virtuosismi individuali. Il bronzo di Matteo Morandi alle spalle dei fenomeni cinesi, non solo legittima la sua leadership europea in questa specialità, spazzando le nubi del Vulcano islandese sul limpido successo di Birmingham (chissà se, giocando nel nostro Continente, “il Dog” non riesca, a vendicare Coppolino, di nuovo Oltremanica, tra un paio d’anni, rendendo alla Cina pan per focaccia). In realtà, l’acuto del Sergente di Vimercate rappresenta la finalizzazione di un bellissimo gioco squadra, la ciliegina su una torta da 10° posto. Lo stesso Morandi, Paolo Ottavi, Enrico Pozzo, Alberto Busnari, Matteo Angioletti e Mattia Tamiazzo hanno centrato, infatti, l’obiettivo principale, bissando il piazzamento di Stoccarda 2007 e lanciando la sfida per Tokio. Il merito, naturalmente, è anche dei tecnici, Maurizio Allievi, Andrea Sacchi e Marco Fortuna, e di quanti hanno lavorato tutta l’estate per preparare la trasferta mondiale. Vale lo stesso discorso sul fronte femminile, dove, in un certo senso, si è andati oltre l’immaginabile. L’8° posto della squadra e l’11° della Ferrari nell’All-around sono, entrambi, il terzo risultato di sempre nella storia della Sezione. Se poi ragioniamo in chiave olimpica, Vanessa, Serena Licchetta, Elisabetta Preziosa, Lia Parolari, Eleonora Rando e Jessica Helene Mattoni valgono la piazza numero 7, e non l’ottava, su 34 Federazioni partecipanti, in quanto, l’anno venturo, la qualificazione si giocherà sul Concorso I, non nella finale. Il successo dell’Italdonne, dunque, non è frutto del caso, ma la conseguenza di una gestione illuminata. Le pedane dell’Ahoy Arena hanno decretato, senza alcuna ombra di dubbio, che il lavoro svolto presso il C.T.F. di via Ovada vale quello delle più grandi scuole internazionali. Con l’unica differenza che rispetto a queste scuole – si pensi ai centri di Valeri Liukin negli Stati Uniti, di Alexander Alexandrov in Russia o di Octavian Belu in Romania – la nostra può contare su ben altre risorse, economiche ed umane. Risorse talmente inferiori alle superpotenze dell’Est e dell’Ovest da far gridare al miracolo italiano! Oltre agli allenatori presenti a Rotterdam – Claudia Ferrè, Luigi Piliego, Vincenzina Manenti ed Enrico Casella – dobbiamo ringraziare, allora, Paolo Pedrotti, Paolo Bucci, Tiziana di Pilato e tanti altri, che nell’ombra, tutti i giorni, contribuiscono, in Federazione come in società, a cementare il gruppo, non a dividerlo. Si possono, infatti, avere punti di vista diversi, e il D.T.N. Fulvio Vailati, deus ex machina di tanta grazia, è sempre disponibile ad ascoltare ogni campana, purché nell’ora delle scelte ci si astenga dal cattivo gusto del tifo contro. Non tanto per rispetto di coloro che ci mettono la faccia, ma nell’interesse comune di quella bandiera che i nostri ginnasti, come tutti i convocati in Nazionale, portano sul petto. Un grande orgoglio patriottico, ad esempio, lo abbiamo provato quando quel piccolo caporal maggiore del nostro Esercito è riuscito, da solo, a sgomitare tra stelle rampanti sul 12 x 12 dell’impianto “Orange”, raccogliendo applausi a scena aperta. Super Vany, limitata dall’età e da un retaggio di disavventure fisiche, si è ripresentata con la migliore esecuzione, in una finale al corpo libero caratterizzata dagli errori. Finendo davanti alla campionessa olimpica Sandra Izbasa, l’azzurra è riuscita ad essere la terza europea, lanciando un chiaro avvertimento al cerimoniere di Berlino. Si tenga pronto un tricolore per il pennacchio del 2011, il cannibale di Orzinuovi ha più appetito che mai. “Stringiamci a coorte”, allora, e continuiamo così. Complimenti pure ai giudici, Dora Cortigiani, Anna Claudia Cartoni, Fulvio Traverso e Giovanni Innocenti, nonché al nostro referente per i rapporti internazionali, il mitico Gianfranco Marzolla. A tutti loro, come al resto della Delegazione, egregiamente guidata dal consigliere federale Giuseppe Cocciaro, sono pervenuti i complimenti del Presidente Riccardo Agabio. Un presidente, che, negli ultimi dieci anni, ha portato la Ginnastica Italiana a livelli incredibili, vincendo, soltanto negli ultimi 12 mesi, due mondiali a squadre con la Ritmica, due bronzi con Cassina alla sbarra e Morandi agli anelli, senza dimenticare l’argento di Giulia Bianchi nella rassegna di Aerobica a Rodez, un titolo europeo sempre agli anelli e sempre con Morandi, i podi di Brema e in Coppa del Mondo delle ragazze della Maccarani, gli acuti juniores al volteggio della Fasana e di Lodadio, il terzo posto inglese del l'Italbaby femminile e quelli, in World Cup a Ghent, di Busnari e del Syncro di Trampolino, per finire alle quattro splendide medaglie nella prima edizione dei Giochi Olimpici Giovanili di Singapore. Un Presidente, il prof. Agabio, che nelle decisioni più difficili ha sempre potuto contare sull’appoggio del suo Esecutivo, e che, per il futuro, potrà fare affidamento su un nuovo angelo custode. Un tipo tosto, Peppino Artiaco, capace, da lassù, di esercitare la propria eloquenza per difendere, dinnanzi al fato, la causa della sua amata Ginnastica azzurra.