Si parla sempre di Grande Fratello, ma sugli schermi di MTV è passato anche Ginnaste. Vite parallele, la versione pulita e edificante di quel parente di successo che tutti amano disprezzare (magari frequentandolo di nascosto). Nell'arco dell'ultimo anno questa serie prodotta con l'ausilio della Federazione Ginnastica Italiana ha appassionato il pubblico giovane, che ogni pomeriggio dal lunedì al venerdì ha seguito con affetto sempre crescente la vita delle ragazze e dei ragazzi che si allenano presso il Centro Tecnico Federale di Milano per concorrere ai vari campionati nazionali/europei/mondiali e alle Olimpiadi. Ginnaste fa scoprire quanto è dura la routine dei veri atleti: gli esercizi infiniti, le dure parole degli allenatori, i ritmi che non perdonano, gli infortuni sempre in agguato, la vita sociale quasi assente. Una bella lezione per chi punta a «fare la celebrity» di mestiere; sì, perché ormai ci sono anche i professionisti dei casting, persone che senza saper necessariamente cantare, cucinare o ballare si presentano alle selezioni di tutti i reality sperando di diventare personaggi. Le selezioni che affrontano Carlona, Betta, Sarà e Francesca, e Nicola, Ludovico, Filippo e Marco sono invece reali, e crudeli: una gioventù che può essere totalmente sacrificata per un pugno di polvere di gesso se il giorno prima di una gara importante basta una banale contusione a vanificare anni di lavoro. Non è un messaggio comodo, eppure il programma piace: Vite parallele costituisce un watercooler moment aggregante per le nostre liceali, che ne discutono durante la ricreazione a scuola e comprano il romanzo dall'omonimo titolo (Rizzoli, 2012). (Che il pubblico sia costituito per la maggior parte da ragazzine è evidente: nella seconda stagione i maschi che si allenano a petto nudo nella palestra milanese hanno guadagnato molti primi e primissimi piani). C'è poi un gioco sottile che si muove sui riferimenti alla Grecia Antica: le Vite parallele di Plutarco; ii gymnásion dove la gioventù studiava e si teneva in esercizio; la palaistra che deriva da palaiein, lottare. Un gioco mai dichiarato apertamente, ma che supponiamo intenzionale: si spera che qualche giovane spettatrice sia in grado di identificarlo; quelle che su Facebook scrivono «Io sto guardando la seconda serie(...) anke se nn vi conosco di persona pian piano ho imparato a conoscervi e sopratutto quando c'erano le selezioni x i mondiali ero tesissima io x voi» non avranno ancora imparato l'italiano ma una lezione di vita sì: a distinguere la fama sudata e meritata dalla celebrità fortuita e ingiustificata. 


 


di Asif ( Domenica - Sole 24 Ore )