Simone Biles, the greatest, è ufficialmente nella storia della ginnastica femminile. La tre volte campionessa del mondo statunitense ha coronato un quadriennio straordinario vincendo il concorso generale di Rio de Janeiro. La stella di Columbus, 145 centimetri di classe e potenza, si è messa al collo la seconda medaglia d’oro olimpica, dopo quella a squadre di martedì scorso, succedendo ad una altra venere nera, la connazionale Gabrielle Douglas. Quinta americana sul gradino più alto del concorso generale di Olimpia, la quarta consecutiva, dopo Mary Lou Retton (Los Angeles ’84), Carly Patterson (Atene 2004), Nastia Liukin (Pechino 2008) e la Douglas a Londra nel 2012, la diciannovenne guidata da Mártha Károlyi con il totale di 62.198 ha fatto praticamente il vuoto dietro di sé. Come da pronostico, infatti, l’argento finisce all’altra meraviglia stelle e strisce, Alexandra "Aly" Raisman, seconda a più di due punti di rispettosa distanza, con 60.098. Terza la zarina Alija Mustafina che a metà gara e prima di trave e corpo libero era addirittura in testa, forte in particolare della migliore parallela della giornata (15.666). in tutti gli altri attrezzi non c’è stata lotta. La regina iridata di Anversa, Nanning e Glasgow non ha lasciato niente alle rivali e ora si appresta a passare all’incasso delle relative medaglie dal 14 al 16 agosto. Obiettivo: riportare a Spring, in Texas – dove si allena presso il World Champions Centre, una palestra fondata da lei stessa con la sua famiglia e l'allenatrice Aimee Boorman – la bellezza di cinque medaglie d’oro. Intanto si deve accontentare di quella di legno la cinese Shang (58.549) che ha buttato la sua chance al volteggio. Bene invece le due azzurre! Carlotta Ferlito con il personale di 56.958 ha chiuso 12ª, recuperando ben 10 posizioni rispetto al concorso di ammissione. “Alla trave sono salita con un po’ di timore ed ho fatto qualche sbilanciamento, perché avevo ancora in testa l’errore in qualifica – ha dichiarato in zona mista il caporal maggiore dell’Esercito Italiano, accompagnato in pedana dal suo allenatore Paolo Bucci, che la segue a Milano insieme a Tiziana Di Pilato - Ma posso considerarmi soddisfatta. E’ la quinta finale all-around tra olimpiadi e mondiali e a Londra non era andata benissimo (chiuse 21ª, ndr). Penso di essermi riscattata, rimontando tra l’altro una decina di posti. Ho fato un punto e mezzo in più rispetto a Glasgow e sono la dodicesima ginnasta olimpica. Non mi ero data un obiettivo preciso perché quando lo faccio sento troppa la pressione. Sono venuta qua per godermi  la mia terza finale a cinque cerchi (contando anche quella a squadra e l’all-around del 2012, oltremanica, ndr.) e credo di esserci riuscita”. Anche Vanessa Ferrari, 16ª con 56.541, risale dall’inconsueta, per lei, ultima piazza della qualificazione con un percorso netto, senza errori, al pari di Carlotta, ma con qualche imprecisione in più. “Soddisfatta? Più o meno, poteva andare molto meglio. Non è che abbia commesso grossi errori, però – ci racconta la farfalla bresciana che per carattere, malgrado i 25 anni, vorrebbe sempre raggiungere la perfezione - Adesso spero di recuperare le gambe per dare il massimo nella finale del 16 agosto. Se oggi è andata così così, spero vada tutto liscio quando conterà davvero. Avevo in testa di fare qualcosa in più sugli arrivi al corpo libero e infatti ne ho sporcati tanti (fuori pedana sulla diagonale dello Tsukahara avvitato, ndr). In finale vedremo se ne varrà la pena. Non mi sono risparmiata. No, perché questa per me era una prova generale della final eight al corpo libero, davanti ai giudici. Ho tirato fuori tutto! Fisicamente mi ero sentita meglio in qualifica, però adesso ho quattro giorni per recuperare. E poi andrà come andrà, l’importante è provarci. Alla trave ho semplificato la prima serie, portando a casa tutto il resto senza grossi errori. E’ andata meglio di domenica scorsa”. Adesso il programma dell’Artistica si ferma per un paio di giorni per lasciare il campo della Rio Olympic Arena al trampolino elastico, disciplina purtroppo senza azzurri.